Comunicati - News
17 Agosto 2011
Ai soci APO Pesaro - agli iscritti alla news
INQUISIZIONE ORNITOLOGICA di Massimo Natale, direttore della rivista Alcedo
In allegato al comunicato che il direttivo APO Pesaro ha inviato ai propri soci, inseriamo anche questo interessante comunicato di Massimo natale, direttore della rivista specializzata "ALCEDO".
Cronache di una serie di minacce al nostro hobby Più volte ci siamo occupati del rapporto degli allevatori con i media e con l’opinione pubblica. Molti ricorderanno il frenetico scambio di e-mail tra me e Edoardo Stoppa, l’inviato di Striscia, avvenuto circa un anno fa. Il carteggio si concludeva con una promessa: alla prossima occasione, si sarebbe fatto riferimento alla possibilità legale di allevare il Cardellino (e gli indigeni in generale). Sembrava chiaro, infine, che ammettere un canale ufficiale per il reperimento dei Cardellini e degli altri fringillidi, avrebbe portato a tutta una serie di conseguenze positive: riduzione della pressione sui soggetti selvatici, riduzione dei loschi affari per i famigerati bracconieri, evitare atti impulsivi e lesivi, quali l’improvvisa ed emotiva liberazione di soggetti domestici, destinati in natura a morte certa (allora, lo avevamo definito “bracconaggio al contrario”). Purtroppo, gli ultimi mesi sono stati particolarmente disastrosi. Oltre a Striscia, anche altri TG sono tornati alla carica, giustamente perseguendo la cattura di frodo dei volatili, ma purtroppo associando il fenomeno del bracconaggio alla figura degli allevatori e anche in questo caso senza fare nessun riferimento all’allevamento condotto secondo norme etiche e di legalità. Il Tg1, in un servizio apparso il 9 novembre 2010, si è occupato di bracconaggio, creando uno strano e allusivo connubio tra la mostra ornitologica di Carini e il mercato di Ballarò. L’inviata, Roberta Badaloni, si infiltrava negli stand dell’esposizione, tentando di scoprire chissà quali loschi affari, poi con un colpo di mano, il servizio si trasferiva nel mercato di Ballarò, e si mostravano immagini impietose di “ricevitori” (le gabbie basse usate per appastellare i Cardellini presicci) inclinati ora da un lato ora dall’latro, che facevano sballottolare, a mo’ di dadi, decine di poveri esemplari di cattura. Il servizio si concludeva con una ciliegina sulla torta: invece dell’intervista al Presidente dell’Associazione ornitologica palermitana, o al comitato organizzatore della mostra, per comprendere la reale posizione nei riguardi del fenomeno del bracconaggio, e scoprire finalmente che gli iscritti FOI prendono le distanze da certa gente e da certi ambienti, la conduttrice intervistava Giovanni Guadagna esperto Zoomafia-GeaPress. Ecco le sue testuali parole: “ un mondo di allevatori che gravita attorno alla – come dire – passione ma tra tante virgolette, di questi animali, di tenerli in gabbia, fanno gli incroci eccetera. Questi (ossia noi allevatori) sono tra i clienti principali sicuramente del bracconiere.” L’associazione di idee è servita: mostra ornitologica/mercato abusivo di Ballarò - Allevatore/Bracconiere. Poi, pochi giorni dopo, anche Striscia torna a parlare di bracconaggio, e ancora del triste mercato di Ballarò. Nel servizio, Stoppa denuncia giustamente i fatti, e per fortuna non indica negli allevatori i principali clienti di questo mercato, ma compie il suo peccato: dopo aver promesso a me e a tutti voi, che alla prossima occasione avrebbe accennato alla possibilità legale di allevare in cattività i Cardellini, alla fine del servizio, come don Abbondio dei promessi sposi, ci nega. Ovviamente, ne è seguita una mia mail a Stoppa, e poi un’altra e un’altra ancora. Ma ad oggi, senza alcuna risposta. L’inizio del 2011 non è stato foriero di buone notizie. In Brianza, in particolare, nel febbraio appena trascorso, si sono verificati una serie di blitz in allevamenti: sedicenti guardie zoofile, purtroppo a volta accompagnate da veri pubblici ufficiali (carabinieri), si sono presentate alle porte di alcuni allevatori di spicco, sequestrando soggetti, sporgendo denunce, seminando sconforto e rabbia. Basti pensare che in un negozio di uccelli, sono stati sequestrati 12 Cardellini mutati. E che un importante e noto allevatore di indigeni si è visto sequestrare tutti i soggetti ancestrali, regolarmente inanellati. Quest’ultimo ha infine deciso di smettere di allevare. Ma è anche successo il contrario: che uno degli allevatori visitati, per niente impaurito, e perfettamente consapevole di allevare nel pieno rispetto della legge, è riuscito a scongiurare ogni atto di sequestro, semplicemente rispondendo punto a punto alle richieste, dimostrandosi forte, deciso, consapevole della proprio condotta. Questi è un nostro caro amico, nonché un maestro di educazione e onestà, oltre che di allevamento. Ci siamo fatti raccontare i fatti. Oltre ai Carabinieri, era presente un famoso personaggio appartenente alle Guardie zoofile OIPA. L’atteggiamento generale di questo personaggio in particolare era di totale pregiudizio: l’allevatore non poteva essere altro che un delinquente bracconiere. Per fortuna, tutti gli indigeni dell’allevamento erano regolarmente inanellati, ma l’inquisitore di turno rispondeva: “sono sicuramente di cattura e rianellati. Procederemo con il test del DNA.” Un sopralluogo, insomma, condotto secondo i toni dell’arroganza, delle minacce e del pregiudizio. L’obiettivo è chiaro: incutere timore, ottenere disponibilità, magari l’ammissione di una qualche irregolarità. Innescare nell’allevatore la fittizia speranza che l’ammissione possa generare un qualche vantaggio o una qualche indulgenza. Insomma, una firmetta e risolviamo tutto. Salvo poi essere definitivamente denunciati e vedersi sequestrare i soggetti. Ma un simile atteggiamento non vi ricorda qualcosa e qualcuno? La Santa inquisizione, nel medioevo, procedeva con modalità similari: accusava di eresia e stregoneria basandosi solo sul sentito dire. Con minacce e arroganza, l’inquisitore chiedeva l’ammissione di colpa, che a volte veniva ammessa, appunto nella speranza di un qualche beneficio. Più eretici e streghe l’inquisitore scopriva, maggiore erano la sua fama e il suo potere. Dall’analisi dei fatti, e dal racconto del nostro amico allevatore, vengono fuori degli aspetti inquietanti. Perché un blitz negli allevamenti (autorizzati, si badi bene)? Perché un atteggiamento così minaccioso, vessatorio e inquisitorio? Perché il sequestro di soggetti ancestrali, nonostante regolarmente inanellati? E anche peggio, perché il sequestro dei Cardellini mutati, frutto più assoluto ed esclusivo della domesticità? E perché questi blitz avvengono sempre in presenza di personaggi alquanto inquietanti, che nulla hanno a che vedere con le forze di polizia ufficiali? Chi conduce queste fila? Che interessi ci sono in gioco? Al primo posto, c’è veramente il benessere animale? Può essere scomodo dalle pagine di una rivista parlare di simili argomenti. Qualcuno potrebbe scoraggiarsi a priori, decidere di mollare di tutto, smettere di allevare e di leggere riviste ornitologiche. Tuttavia, crediamo sia importante affrontare la questione a viso aperto, senza remore e senza panico. Col coraggio di chi ha la coscienza pulita, di chi non solo non commette niente di male, ma conduce (con passione ed onestà) un hobby che dimostra importanti valenze etiche e scientifiche. E’ giunto il momento di riqualificare la figura dell’allevatore di uccelli. Egli è un “ornitofilo”, ossia un amante dei volatili. Spinto da un’enorme passione, l’allevatore di uccelli ornamentali utilizza solo materia prima domestica (soggetti nati in cattività) e mette in atto ogni strategia necessaria ed opportuna per mantenere i propri esemplari in buona salute: locale d’allevamento, gabbie e voliere, alimentazione, igiene, luce, integratori, tutto è rivolto al benessere dei volatili, e alla loro riproduzione. Dunque, è quanto meno anomalo che qualcuno venga a proteggere i volatili in casa nostra. L’allevatore non cattura, e non utilizza soggetti di cattura. Anzi, la figura dell’allevatore moderno è una figura di primo piano nella salvaguardia dei volatili (non solo quelli domestici) e nella lotta al bracconaggio. Egli è un esperto di logistica, di alimentazione, di trasporto, di appastellamento, di eventuali incidenti e relativi rimedi, di erbe selvatiche di cui gli uccelli si nutrono in natura. Insomma, l’allevatore (insieme al veterinario) è la figura veramente imprescindibile nella gestione pratica e tempestiva dei soggetti di cattura sottratti alle grinfie dei bracconieri. Cosa fare e come comportarsi con soggetti di cattura? Dove alloggiarli, come alimentarli, a chi affidarli in attesa della liberazione? L’allevatore può rispondere a tutti questi interrogativi. Inoltre, poiché l’allevatore riproduce soggetti domestici, rende disponibile ogni anno un certo numero di esemplari nati in cattività, che possono essere utilizzati per il mercato ufficiale della passione, con conseguente riduzione della pressione dei bracconieri sui soggetti selvatici, ma anche per progetti di studio e/o di reintroduzione in natura. Noi che alleviamo con la nostra passione, utilizzando materia prima domestica, amando profondamente queste creature, cui dedichiamo tutto il nostro tempo libero e anche oltre, dobbiamo essere fieri del nostro ruolo, del nostro amore, del fatto che allevando riduciamo indirettamente il prelievo dalla natura, e garantiamo la sussistenza in cattività di un pacchetto di geni. E quando si verificherà un’evoluzione delle coscienze, e non ci sarà più l’inquisitore di turno che si arrogherà il diritto di essere l’UNICO protezionista, a quel punto si capirà che l’allevatore è il più grande protezionista. Cosa fare per prevenire ogni tipo di problema? Ovviamente, disporre solo ed esclusivamente di soggetti nati in cattività e muniti di anellino regolamentare. Anche per quelle regioni dove l’anellino è già condizione sufficiente, ricordatevi di farvi rilasciare sempre il certificato di cessione da parte dell’allevatore cedente. Detto certificato spesso blocca ogni ulteriore passaggio o allusione. Compilate il registro con certosina attenzione, in modo che il numero di soggetti presenti in allevamento e relativi movimenti (acquisti, nascite, morti, fughe etc.) siano perfettamente segnati sul registro. Inoltre, ciò metterà a disposizione una formidabile arma di difesa: se leggendo il registro, siamo in grado di risalire l’albero genealogico di un esemplare, possiamo essere noi ad utilizzare il DNA come “minaccia” per l’inquisitore di turno. Ricordate inoltre che la pulizia è un momento fondamentale, e che la presenza di ciotole o beverini sporchi, presta il fianco ad accuse che vanno aldilà del concetto di domestico, e che riguardano il benessere animale. Idem per ciò che riguarda il numero di esemplari per gabbia. Può essere utile farsi rilasciare dal proprio veterinario un attestato che dimostri che l’allevamento è periodicamente seguito da un professionista. Cosa fare in caso di blitz? Prima di tutto, bisogna mantenere la calma, e rammentare la dignità e l’importanza sociale del ruolo dell’allevatore. L’autostima può e deve essere un momento di coraggio fondamentale. Ricordarsi che nessuno può entrare in casa nostra o nel nostro allevamento senza mandato, e che in caso di mandato, è possibile richiedere la presenza del proprio avvocato. Se abbiamo rispettato il punto precedente, e i nostri soggetti sono tutti nati in cattività e “rintracciabili” nei relativi certificati di cessione e/o sul registro, non abbiamo niente da temere. Non bisogna farsi spaventare o ingannare dalle minacce. La più frequente è quella del DNA. Come detto, il DNA può e deve essere una freccia al nostro arco. Le illazioni sugli anellini lasciano il tempo che trovano, e in questo la FOI deve essere parte solidale, in quanto la possibilità di rianellare un soggetto adulto è una grave offesa e illazione che riguarda tutto il movimento e le sue regole, e non il singolo allevatore. Le sedicenti figure che spesso presiedono detti blitz vanno immediatamente qualificate, e attenzionate ai veri pubblici ufficiali presenti: chi è codesto signore? In che ruolo si trova con voi carabinieri? Potete fornirmi le generalità? E così via. Ricordate che il nucleo antibracconaggio fa capo al corpo forestale, mentre quello dell’OIPA altro non è che un volontario senza potere ne’ qualifica. E’ solo l’inquisitore di turno. Cosa fare per migliorare la situazione? Lavorare su due fronti: 1. riqualifica della figura dell’allevatore, che va fattivamente proposto e inserito in contesti più ampi, come centri di recupero, nucleo antibracconaggio, cliniche veterinarie che si occupano del recupero di soggetti di cattura. In una parola, sfruttare le sue conoscenze pratiche e il suo potenziale per la salvaguardia dell’avifauna 2. riconoscimento del domestico. Gli indigeni che attualmente alleviamo sono il frutto di una selezione che dura da oltre 30 anni. Nessun vero allevatore inserisce in allevamento sangue selvatico, col serio pericolo di tornare indietro di parecchie generazioni, come robustezza e attitudine alle riproduzione in cattività. Insomma, un processo che ricorda sempre più da vicino quello del Canarino domestico. O se vogliamo, la stessa differenza esistente tra un cane domestico e un lupo. Che senso avrebbe oggi un blitz in un allevamento di pastori tedeschi? E se 12 soggetti fossero sequestrati in quanto considerati lupi degli Appennini? Ecco, la cosa sembra ridicola, ma nella realtà è quanto accaduto coi 12 Cardellini mutati sequestrati nel negozio di uccelli. Sequestrare detti soggetti, toglierli dall’ambiente dove sono abituati, cambiare repentinamente la loro alimentazione, le ore di luce, gli alloggi, il microclima, è realmente una protezione? L’ultima considerazione riguarda proprio il vero movente di questi blitz: se è accertato che abbiamo a che fare nel 99% dei casi con soggetti domestici, questi blitz a che servono? Svolgono un vero ruolo di protezione? Se così fosse, non andrebbero dagli allevatori, gente spesso seria ed educata, ma si cercherebbe il bracconiere, gente forse più pericolosa. Ecco noi abbiamo la sensazione che la vera spinta a tutto questo, sia una forma di reclame, di pubblicità, di fumo negli occhi per l’opinione pubblica, di possibilità di aggiornare il proprio sito con numeri, blitz, liberazioni, sequestri e quant’altro. In modo da ottenere donazioni, 5X1000, merchandising, appoggi politici. Ho la spiacevolissima sensazione che del vero benessere animale a questa gente importi molto poco. Continuo così a credere che nessuno più di noi allevatori ama e cura queste creature. Che dobbiamo avere il coraggio del nostro hobby e del nostro ruolo, ovviamente aiutati in questo dagli organi e dalle Federazioni. Noi di Alcedo ci siamo, io personalmente ci sono con forza. Affinché la sgradita visita di questa gente violenta non si concluda con l’abbandono della passione (Cantore d’Africa X Crociere grida ancora vendetta), ma con la testa alta e lo sguardo fiero, di chi è consapevole di dare la sua mano più di altri nella protezione dell’avifauna. Massimo Natale |